L’istanza proposta dal debitore con cui, unitamente alla conferma delle misure protettive, il medesimo chieda di ordinare ai creditori finanziari, a fronte di un’esplicita manifestazione di dissenso, il ripristino delle linee di credito sospese in esito alla presentazione dell’istanza di applicazione delle misure, ha natura cautelare. In tal senso si è espresso il Tribunale di Parma, con l’ordinanza 10 gennaio 2025 n. 7722, aderendo all’orientamento che appare prevalente nella giurisprudenza di merito (Trib. Modena 22 giugno 2024 e Trib. Verona 22 gennaio 2024). La domanda, infatti, si risolve nella richiesta di impartire un ordine di “facere” funzionale all’attuazione degli effetti delle misure protettive, in linea con il disposto di cui agli artt. 19 comma 7 del DLgs. 14/2019 e 669-duodecies c.p.c. L’istanza può essere presentata solo per i rapporti contrattuali pendenti, ovvero le linee di credito già concesse e sospese o revocate, indipendentemente dall’entità della concessione, ma non anche per i finanziamenti futuri. La richiesta, in conformità con l’art. 2 comma 1 lett. q) del DLgs. 14/2019, è finalizzata a garantire, in via diretta, il buon esito delle trattative e, in via indiretta, la possibilità di dar corso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza. I presupposti dell’istanza devono essere valutati in autonomia rispetto a quelli delle misure protettive a cui la domanda è connessa, tramite un giudizio ex ante e in concreto. A tal proposito, il giudice, in primo luogo, verifica la strumentalità della misura rispetto al piano di risanamento, il fumus boni iuris rispetto alla realizzabilità del medesimo e il periculum in mora in relazione al rischio che il risanamento non venga raggiunto ricorrendo a strumenti alternativi. In secondo luogo, il giudice verifica la “proporzionalità”, ex art. 18 comma 5-bis del DLgs. 14/2019, tra la causa autonoma della misura (ovvero, la funzionalità rispetto alle esigenze di risanamento) e il rischio imposto ai creditori finanziari, alla luce dei principi di sana e prudente gestione ex art. 5 del TUB. La misura può essere concessa quando, in base alle circostanze concrete e in coerenza con la sua finalità, risulta maggiormente idonea a conseguire il risanamento dell’impresa, senza imporre un rischio irragionevole ai creditori finanziari, tenuto conto anche delle alternative esperibili nel corso della composizione negoziata ex art. 22 comma 1 lett. a) del DLgs. 14/2019. Circa il giudizio di “proporzionalità”, i giudici hanno rilevato come l’art. 16 comma 5 e, in caso di richiesta e di conferma delle misure protettive, l’art. 18 commi 5 e 5-bis del DLgs. 14/2019, come modificati dal DLgs. 136/2024, abbiano istituito una sorta di “neutralità” della composizione negoziata rispetto alle scelte strategiche delle banche e degli intermediari finanziari, dei mandatari e dei cessionari dei loro crediti, chiarendo che le stesse devono comunque essere governate dai criteri dettati dalla vigilanza prudenziale. La disciplina è volta a bilanciare l’esigenza dell’impresa di continuare ad avere liquidità con quella degli istituti di credito di non essere danneggiati da una normativa che impone di continuare a erogare finanziamenti a discapito della sana e prudente gestione e dell’osservanza delle disposizioni in materia creditizia. Il divieto di rifiutare unilateralmente l’adempimento dei contratti pendenti, provocarne la risoluzione, anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore oppure di revocare in tutto o in parte le linee di credito già concesse (ex art. 18 comma 5 del DLgs. 14/2019) non ha carattere assoluto. I creditori destinatari delle misure protettive, infatti, possono liberamente sospendere l’adempimento dei rapporti pendenti dalla pubblicazione dell’istanza di richiesta delle misure protettive fino all’eventuale conferma delle stesse da parte del Tribunale. Il comma 5-bis dell’art. 18 del DLgs. 14/2019, al fine di chiarire il rapporto tra le disposizioni di cui agli artt. 18 e 16 del DLgs. 14/2019, precisa che, dal momento della conferma delle misure protettive, le banche e gli intermediari finanziari, i mandatari e i cessionari dei loro crediti, destinatari delle misure, non possono mantenere la sospensione relativa alle linee di credito accordate se non dimostrano il collegamento tra la sospensione e la disciplina di vigilanza prudenziale. Il richiamo alla disciplina di vigilanza prudenziale impone, quindi, al giudice di verificare, in caso di opposizione degli istituti di credito, ai fini della concessione della misura cautelare, se i medesimi hanno avviato iniziative pretestuose e non giustificate ex art. 5 del TUB, alla luce del grado di affidabilità e chiarezza del progetto di piano e del parere dell’esperto. La misura non può essere concessa nei riguardi dei creditori che, invece, dimostrino di essersi attenuti, nel sospendere o revocare i finanziamenti in precedenza concessi, ai principi di sana e prudente gestione.
31 marzo 2025
/ Antonio NICOTRA